Lotta con il coltello - parte prima

28.04.2023

Credo sia piuttosto normale che molti tra voi che mi leggete, vi stiate chiedendo fino a qual punto ci si possa spingere  nell'opporsi ad un aggressore armato di coltello e fino a quale punto l'utilizzo di una tecnica possa essere garante della sopravvivenza e prima ancora della nostra incolumità.


Occorre ancora una volta affidarsi all'ovvio seppure in contesti nei quali nulla debba esser dato per scontato.  La lotta contro un oppositore armato di oggetto lacerante cambia infatti la quasi totalità delle regole del gioco, imponendoci da subito una guardia (o uno stance) che ci preservino da lacerazioni fortemente debilitanto o invalidanti, nel far questo dovremo curare molto attentamente il footwork, ovvero la dinamicità e direzione nei nostri movimenti di piede poichè l'ultimo dei nostri pensieri sarà quello di offrire all'aggressore un obiettivo sicuro.

Viene quindi assolutamente meno la posizione pistonata all'israeliana e piazzata di uno "stance"  simil blocco in cui le uniche "cose" morbide risultino essere le articolazioni  a noi utili per colpire e difendere in una unica feroce azione, comodità direzionata al garantirci multiple azioni-tecniche in funzione dell'attacco portato o più semplicemente nel garantirci il mantenimento della distanza da chi volesse farci del male.

In lama cambia tutto, cambia al punto da avere addirittura diverse opinioni sia tra discipline diverse ma anche tra Maestri di analoghe discipline da combattimento.

Qualcuno propenderà per la non-azione, ovvero la mediazione  spinta sino all'entrare in empatia con chi ci minacci od aggredisca (e pure qui si rendono necessri alcuni distinguo), altri si prodigheranno nel dirvi che , comunque, una forma di opposizione violenta vada tentata, altri ancora si spingeranno a dirvi di tentare il disarmo, pochi altri (fortunatamente) istigheranno allievi minori a tentare esercizi con simulacro di coltello.


Passiamo alle ovvietà, ma prometto di farlo in sintesi estrema, "entrando" a specificare solo laddove realmente formativo per il marzialista e prima ancora per il suo "forma mentis".


In MCM noi formatori prevediamo ed addestriamo l'aggressione da baionetta ed il relativo contrasto, ci addestriamo su quella e consideriamo quella come esempio utile all'istruzione (in)-formale al civile, in termini preventivi e conoscitivi.

A spingerci in questa direzione è la possibilità che un aggressore, un predatore sessuale o economico, un ritorsivo ci  aggredisca per il tramite di una lama con queste caratteristiche:


- doppia affilatura, simmetrica, su entrambi i lati della lama

- possibile doppia impugnabilità ed impugnabilità forte (a due mani)

- ingenierizzazione volta esclusivamente o principalmente ad offendere, 

- dimensioni e conformità atte a lacerare e penetrare in profondità tali da ledere direttamente organi importanti, per le armi bianche "operative" si intendono lunghezze complessive oscillanti tra i 200-300 millimetri.


Fanno parte di queste piattaforme, ad esempio, pugnali, baionette daghe, alcuni tanto e le spade, per quanto queste ultime abbiano un esercizio di utilizzo diverso.



Esiste anche una distinzione giuridica di rilievo, in quanto una lama affilata su ambedue i lati viene recepita come oggetto proprio atto all'offesa, in sintesi arma propria, a differenza del coltellino svizzero, quello per affettare il salame o un coltello bushcraft (indirizzato ad eseguire lavori  indirizzati alla semilavorazione di prodotti e materiali in ottica survivalista).


Quindi la peggiore delle ipotesi plausibili è che  chi intendesse aggredirci disponga di un coltello (prima ovvietà), che noi non ne potessimo disporre (seconda ovvietà) e che il coltello con il quale venissimo aggrediti sia in realtà affilato sui due lati, quindi pugnale e chi lo brandeggi sia intenzionato a farne uso e sappia utilizzarlo.


La manifesta volontà e tentativo di colpirci determina la differenza  tra minaccia e attacco, in questo vengono previste tecniche differenti poichè nel primo caso è plausibile la distanza da contatto tra aggredito ed aggressore.

Nell'attacco quando ci difenderemo?  SEMPRE.

Chi sostiene il contrario non considera l'azione, la disparità tra aggressione e difesa (nessuno di noi è autorizzato ad uscire liberamente con un coltello che, in ogni caso, giacerebbe al fondo di uno zaino o borsa), non considera l'effetto terminale che tale arma possa produrre, quindi quando ci difenderemo? SEMPRE.


Ma come ci difenderemo?

Bisogna dire che la tecnica in questo caso sia altamente consigliata se non addirittura necessaria,  chi ci intendesse colpire è necessariamente in movimento, seppur minimo il movimento c'è. La stessa arma nel momento in cui viene portata a colpire è in movimento, tradotto: NON POSSIAMO STARE FERMI.


Si tratterà quindi di una difesa di movimento il cui obiettivo è duplice e scontato nei fatti (e nella disparità di forze menzionata):

- guadagnare distanza e proteggerci (fin quando possibile)

- accorciare la distanza e rompere


Tenteremo il disarmo? MAI.

Bloccheremo l'articolazione  e quella successiva che brandiscono l'arma? SEMPRE.

Tenteremo di rompere o infortunare l'arto che la trattiene? SEMPRE.


Non c'è altro modo  "QUESTA E' LA VIA  <(°°)>"


La tecnica, tuttavia, pur esendo condizione necessaria, non è di per sè sufficiente come visto se non in presenza di  velocità e riflessi, soprattutto se chi maneggia il pugnale lo fa con movimenti rapidi, puliti ed essenziali.

Il Disarmo si renderà in ogni caso non necessario e spesso pericoloso in quanto, se mabedue gli opponenti disponessero di un coltello, non si renderebbe necessario esporti ad una azione pericolosa come il disarmo poichè il guadagno sarebbe marginale a fronte del rischio per ottenerlo, in ogni caso con un coltello in mano non potremmo  colpire una persona disarmata, per quanto accidentalmente possibile sarebbe solo fonte di problemi certi.

Nel caso, invece, fossimo disarmati tenatre il disarmo comporterebbe un rischio maggiore rispetto all'ipotesi precedente, con il concreto rischio di farci male anche in modo involontario in funzione della volontà dell'oppositore di trattenere a sè l'arma.

L'unica situazione in cui il disarmo possa esser preso in considerazione sar quando l'aggredito, disarmato, si trovi svantaggiato ed impossibilitato alla fuga, ad esempio subendo una posizione "monta"  a terra con l'aggressore armato sopra di lui.

Esistono tuttavia tecniche per tutto e per quqlsiasi condizione, poichè anche la peggiore, qualora non presenti alternative incruente, possa essere affrontata al meglio delle poche possibilità possibili di sopravvivere.


Due esempi di intervento sulla stessa minaccia semicircolare, intervenendo sulla prima azione o schivandola intervenendo successivamente sul ricarico:

https://mega.nz/file/YBNw1RJL#7TLImKmnRk385UP8OmUrSY9BhV9fK6jvfeQ2UhWaQZc

https://mega.nz/file/ER9DSbAD#kSTsWKtnfgUAiwnrAxuy1c-x8KyEG5GLzRXru3plhzo

(Sessione addestrativa di gennaio 2022 con M° Gabriele Comoli)



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